RAFFAELLA BASSI |
La produzione di manufatti in ghisa per l’illuminazione e l’arredo urbano è un fenomeno che si manifesta a livello europeo fin dalla prima metà dell’Ottocento. In Inghilterra, Scozia, Francia, e in Italia, operano numerose fonderie che progettano i manufatti, li realizzano, li commercializzano. Le prime fasi del processo produttivo, il disegno e l’intaglio del modello richiedono il lavoro di abili artigiani. La successiva colata della ghisa nella forma, ricavata dal modello, rende possibile la riproduzione dello stesso esemplare in un numero (teoricamente) infinito di copie.
Il manufatto in ghisa destinato all’arredo delle città è un prodotto industriale che nasce con una specifica funzione: illuminare, fornire acqua, abbellire spazi destinati al divertimento e al relax. L’utile, tuttavia, non sovrasta la ricerca della bellezza e dell’originalità. La maggioranza dei cataloghi ottocenteschi diffusi dalle fonderie per commercializzare i loro prodotti sono bellissime raccolte di disegni, dove di uno stesso motivo vengono presentate innumerevoli varianti. L’attività delle fonderie ottocentesche si è protratta fino ai primi decenni del secolo scorso, mentre i manufatti sopravvivono in parte nelle città che hanno saputo conservarli, anche se sono stati pesantemente decimati nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale. Il Museo Italiano della Ghisa nasce con lo scopo di salvare dalla distruzione i manufatti in ghisa del passato, di conservarli e di farli conoscere al pubblico. Si tratta di un’iniziativa unica in Italia, e, per quanto ci risulta, anche in Europa. La collezione si compone di seicento pezzi, di cui duecento sono esposti. Le immagini scattate nello spazio allestito evidenziano affinità e differenze, oltre alle peculiarità di alcuni esemplari. I manufatti in ghisa non sono creazioni originali; lo sono invece la composizione armonica delle singole parti e la scelta accurata dei dettagli. La ricerca del “bello nell’utile” trova un riferimento nei motivi ornamentali del mondo antico diffusi fin dalla seconda metà del ‘700 da artisti come Piranesi, Fontaine, Basoli, i quali hanno inconsapevolmente esercitato un’influenza profonda sulle arti applicate e sul design dell’epoca.
Raffaella Bassi si è laureata in Filosofia all’Università di Bologna. Si è occupata di editoria e di formazione degli adulti. Dal 1998 cura la collezione del Museo Italiano della Ghisa, e quando nel 2005 si è costituita la Fondazione ne è diventata la direttrice. La Fondazione Neri – Museo italiano della Ghisa non si occupa solo delle tre esposizioni permanenti – ma fa un lavoro di ricerca continua oltre che sui manufatti della collezione anche su quelli che sopravvivono sul territorio nazionale. I risultati di queste ricerche sono pubblicati sulla rivista semestrale Arredo & Città consultabile al link www.arredoecitta.it Gli ultimi numeri sono dedicati alla Sicilia e a Venezia.
bassineri.ra@museoitalianoghisa.org
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